1° in Kenya-Mar 2007

Dal 14.03.2007

Obiettivi:
Missione esplorativa durante la quale i nostri volontari si recheranno nella regione del Sud Nyanza nelle Missioni delle Suore dell'Immacolata Concezione di Ivrea e precisamente Rakwaro (Dispensario e punto nascite), Kadem (casa per malati di Lebbra e di Tubercolosi), Macalder (Baby Home, ossia un orfanotrofio per bambini orfani di Aids)

Partecipanti:
Dr.Giorgio Martini, medico - D.ssa Cinzia Spagnolo, farmacista - Antonio Zei e Elisabetta Sarti, volontari

DIARIO GIORNALIERO


Giovedì 15 marzo

E finalmente siamo riusciti a esportare il sogno umanitario dalla Valdinievole anche in Africa; e con questo i continenti dove opera hhpp sono quattro. Dopo oltre 36 ore di viaggio, è iniziata la prima missione in Kenya, regione del Sud-Nyanza presso l’istituto delle Suore dell’Immacolata concezione di Ivrea che in questo luogo hanno varie strutture tra cui scuole per bambini, orfanotrofi, dispensari, sala parto con letti di degenza ecc. Suor Rosaria ci ha accolto all’aeroporto di Kisumu, terza città dello stato. Con la  jeep del convento, incamminandoci verso la nostra destinazione finale, Rakwaro, ci siamo fermati ad un grande magazzino sullo stile europeo dove abbiamo potuto acquistare, generi alimentari, leccornie e una infinità di giocattoli, quaderni, matite, pennarelli e l’occorrente per la scuola, oltre a circa 150 kg di merce portati dall’Italia, il tutto da donare ai bambini che incontreremo da domani, L’Africa ci ha accolto con i suoi colori e con la sua incredibile moltitudine di persone, ammassate in mercati all’aperto organizzati lungo le strade polverose e brucianti dal sole dell’equatore. Sono bastati soltanto pochi chilometri di percorrenza per recepire immediatamente la cruda e agghiacciante drammaticità della vita quotidiana delle tribù, ma soprattutto dei bambini africani. Abbiamo visto bambini piccolissimi che lungo le strade guardavano, da soli, gli animali semplice e povero patrimonio della loro famiglia. Altri quasi nudi ci salutavano con la manina al nostro passaggio, contenti della nostra immancabile affettuosa risposta. Altri ancora ci rincorrevano con la speranza di ricevere un piccolissimo dono che da parte nostra non poteva mancare. Quando ci fermavamo per salutarli si facevano prendere in braccio e la commozione non poteva che manifestarsi attraverso i nostri umidi occhi! Non è possibile immaginare il nostro stato d’animo! Durante il percorso, ad ogni breve fermata, la nostra jeep è stata  sempre “assalita” dalle donne venditrici di frutta che speravano di portare a casa la giornata facendo una bella vendita con gli europei, ricavando per esempio la bellezza di  DUE euro per la vendita di venti ananas dal profumo e sapore unici. E’ balzata ai nostri occhi anche la tragica realtà della piaga dell’AIDS africana. Lungo le strade abbiamo visto decine e decine di falegnami all’opera, non intenti a produrre gli usuali manufatti di artigianato locale, bensì a fabbricare qualcosa di molto più richiesto e necessario: casse da morto!!! Suor Rosaria ci ha spiegato che le innumerevoli morti causate dal virus dell’HIV ha prodotto una sempre maggiore richiesta di questo “articolo”. All’ora di pranzo abbiamo mangiato insieme alla nostra Suora sotto un ficus benjamin  di dimensioni “africane”, dove ci siamo entusiasmati per il passaggio a pochi metri da noi, di una famiglia di antilopi con i loro cuccioli. Si sono rese necessarie oltre tre ore di jeep per percorrere soltanto 120 km, tra un sole cuocente e un temporale equatoriale, per giungere alla nostra destinazione finale dove siamo stati accolti a cuore aperto dalla comunità delle suore. Finalmente una refrigerante doccia, che ci ha aiutato a scaricare la stanchezza accumulata durante il viaggio, ha preceduto la cena comunitaria. Abbiamo poi visitato tutta la struttura sanitaria del convento dove abbiamo potuto costatare la possibilità di organizzare senza problemi le nostre future missioni sanitarie. Finiamo questa lunghissima maratona con la scrittura di questo diario che ci riporta all’affetto delle nostre famiglie e di tutti coloro che dall’Italia attendono con ansia, interesse  e curiosità di conoscere quello che stiamo facendo. Sotto le stelle africane, nel buio più assoluto e silenzioso, ci dispiace che la stanchezza estenuante ci obblighi ad andare a riposare.Qui Kenya a Voi Italia.



Venerdì 16 marzo
Secondo giorno di missione in Kenya. Sono appena le 20,45 anche se dal buio assoluto che ci circonda sembra notte fonda, e siamo senza corrente elettrica da parecchio tempo; sta imperversando un bel temporale equatoriale … siamo proprio messi bene! Alle otto di stamani è iniziata la giornata con i bambini della scuola che cantando l’inno nazionale assistevano all’alza bandiera; nell’occasione, oltre a quella del Kenya, veniva issata anche quella di HHPP! Dopo una frugale colazione, abbiamo visitato tutte le classi della scuola materna che ci ospita, gestita dalle nostre Suore. I bambini come sempre accade, ci hanno accolto con canti festosi e tanto calore. Abbiamo constatato i loro metodi di studio, e con gioia ci hanno fatto vedere i loro quaderni, esempio di precisione e diligenza. Alle 10,30 , ora dello  “snack” (così definita la merenda di metà mattina), abbiamo accolto i 130 bambini in refettorio dove avevamo preparato insieme alle inservienti i piatti con biscotti e caramelle oltre alla consueta zuppa locale a base di farina bianca di mais, farina di fagioli frantumati, zucchero e latte vaccino. Immediatamente dopo abbiamo dato inizio anche in questa realtà missionaria al progetto Jeevan di adozioni a distanza, rilevando notizie, informazioni e foto di ciascuno dei 33 più piccoli e poveri ospiti di questa struttura.Successivamente Sr Rosaria ci ha accompagnato ad una vicina scuola pubblica primaria dove abbiamo purtroppo potuto constatare le condizioni a dir poco inumane nelle quali studiano i ragazzi dalla scuola materna fino alla nostra 3° classe media. Probabilmente in occidente un tale ambiente non sarebbe idoneo per essere utilizzato neanche come stalla per animali: pareti semidistrutte realizzate con un impasto di terra e sterco di mucca, intelaiatura in canne di bambù, e cosa dire del materiale utilizzato per le finestre??? Niente, solo aria, che entrava attraverso delle aperture più o meno grandi realizzate nelle “pareti”. Per tetto una lamiera rugginosa, fonte di tetano e calore asfissiante! Pazzesco, è l’unico aggettivo possibile per questa realtà. Ma non è finita: per arredi alcune tavole inchiodate tra loro che fungevano da panche e pseudo-banchi; come strumenti didattici vi erano avanzi di lavagne  e per calcolatrice, tanti legnetti che la sera serviranno per accendere il fuoco. Per dissetare i 206 alunni di questa scuola un pozzo scavato nella nuda terra, a dieci metri di profondità, da cui viene prelevata a mano con un recipiente in plastica non troppo pulito, un’acqua relativamente potabile. Oggi, giornata di incontri, abbiamo avuto un piccolo assaggio di quella che sarà  l’attività sanitaria e ambulatoriale delle prossime missioni operative. Suor Grace, infermiera-ostetrica, era impegnata a svolgere le visite a pazienti che ordinatamente e silenziosamente aspettavano il loro turno fuori dalla porta. Dr. George ha avuto così la possibilità di assistere a più controlli sanitari fra i quali una giovane ragazza di 22 anni affetta da sifilide cutanea secondaria, una bambina febbricitante che è risultata positiva al controllo ematologico della malaria ed un’altra ragazza venticinquenne con un diffusissimo fuoco di Sant’Antonio nella regione toracica sinistra, resistente alla terapia e per questo ipotizzato dalla Suora di essere sintomo di AIDS. Tre casi e tre tragedie. Dopo pranzo ci siamo recati a visitare i villaggi circostanti la missione e la cittadina di Rakwaro, fino a giungere, dopo un percorso di fuoristrada estremo, degno di un vero e proprio camel-trophy, alla sommità di una cava di pietra saponaria, famosa in tutto il mondo, e grande risorsa economica per l’artigianato locale. Di tale materiale sono realizzati tutti gli oggetti tipicamente kenioti come statuine, animali, piattini, sculture ecc. ecc. Nell’occasione abbiamo preso contatto per cercare di realizzare un commercio equo-solidale attraverso la nostra associazione, nonché acquistato materiale importante per la realizzazione di bomboniere e raccolta fondi per la nostra HHPP. Durante tutto il tragitto il nostro percorso si è volontariamente e con gioia interrotto più volte per permetterci di scendere dalla jeep tra i bambini incontrati lungo le strade, per distribuire caramelle, penne e piccoli giochi portati dall’Italia. Il contatto fisico con questi bambini, le loro mamme e la popolazione in generale incontrata, ci ha convinto ancora di più di quanto motivata sia stata la scelta e la decisione di aiutare fattivamente questi popoli così bisognosi. Si legge nei libri che il così detto “mal d’Africa”, dal quale Antonio è già affetto da molto tempo, sia dovuto alla bellezza e particolarità della natura e degli animali liberi visti nel loro habitat, ma noi tutti siamo stati contagiati dalla meraviglia di queste tribù dei Luo,  e dei Kisimi e dal calore umano che riescono a trasmettere con i loro occhi. La luce non è ancora ritornata, il cielo è ancora solcato da lampi, gli insetti si cibano ancora di noi… e ne hanno di cui sfamarsi… e per evitare loro una sicura indigestione, decidiamo di andare a riposare. Qui Kenya a Voi Italia.



Sabato 17 marzo
Giornata più intensa ed emozionante del solito e dell’immaginabile. Dopo colazione partenza di primo mattino  per un nuovo e più massacrante “camel trophy”, alla volta delle altre due missioni delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione che ci hanno ospitato in questi giorni d’Africa. Un viaggio in jeep in fuori strada estremo durato più di due ore su “percorsi ” fatti di fango, buche,  pozze d’acqua, guadi di torrenti con scosse che hanno messo a durissima prova i nostri dischi intervertebrali! Durante il viaggio, come ormai abitudine, ci siamo più volte fermati per dare un momento di gioia ai numerosissimi bambini che abbiamo incontrato consegnando loro caramelle, pennarelli, tanti sorrisi e un affettuoso saluto fatto con il cuore. Una sosta per inserire manualmente le quattro ruote motrici ci ha permesso di visitare una classico ranch locale formato da una capanna della nonna, una del padre, ed una per i vari figli adulti, tutti lavoranti in proprio di un piccolo campo di tabacco, che consente loro “un’agiatezza” tale da avere la proprietà di alcuni animali da cortile, un pannello solare per alimentare una antidiluviana radio e un altrettanto datato televisore. Accanto poi una piccola capanna adibita a essiccatoio per le foglie di tabacco. Dal niente sono apparsi, anche in questa occasione, decine di bambini seminudi, pastori di poche pecorelle, nonché un classico viavai di persone che si fermavano a vedere i wisumi: ossia gli uomini bianchi che vengono da lontano. Grazie a Dio, nel vero senso della parola, siamo arrivati sani e salvi alla nostra prima meta: la missione di Macalder dove è presente un convento di suore, un dispensario, una scuola materna e la Baby Home che accoglie bambini orfani di almeno un genitore, con un’età compresa tra zero a tre anni. Qui l’essenza dell’emozione si è manifestata allorquando abbiamo incontrato i piccoli. I più grandicelli tra loro ci sono corsi incontro con affetto infinito sommergendoci di abbracci, di sorrisi, di festosità… cosa dire???  E’ stato bellissimo ed inaspettato ricevere tanto amore e tanta gioia da chi vive una realtà di solitudine familiare e di tragedia. Dopo averli visto consumare il pasto come dei piccoli adulti, abbiamo provveduto a fare loro le fotografie e registrare i dati al fine di iniziare anche in questa comunità il nostro progetto Jeevan di adozione a distanza. Dalla madre superiora siamo stati invitati a cercare di realizzare, nel limite del possibile, una nuova scuola materna dove poter far giungere altri bambini dei villaggi vicini. Nel primo pomeriggio siamo ripartiti velocemente in direzione della terza missione presso il villaggio di Kadem. Ancora fuoristrada estremo, ancora tanti incontri con i bambini lungo la strada. Arrivati abbiamo trovano uno scenario a dir poco agghiacciante. In questa struttura sono ospitati malati di tubercolosi, malati di AIDS e lebbrosi. Questi ultimi sono malati di vecchia data che presentano sui loro corpi le lesioni deturpanti della lebbra necrotica: in pratica costoro hanno subito molteplici amputazioni naturali agli arti superiori e inferiori presentandosi ora senza dita né delle mani né dei piedi. Immaginate il nostro stato d’animo nel costatare la relativa serenità di queste povere disgraziate persone! Ci siamo letteralmente ammutoliti! Fortunatamente il vociare allegro di un centinaio di bambini della parrocchia confinante, ci ha ridestati e subito la madre superiora del convento, ci ha avanzato la richiesta di poter assicurare a questi bambini almeno il pasto per il fine settimana, allorquando loro, giungendo anche da oltre 15 km a piedi, si riuniscono per il catechismo. La stessa madre superiora, ci ha riferito che la povertà di tutti gli abitanti del luogo è tale che alcuni di loro vorrebbero essere considerati lebbrosi al fine di ricevere gratuitamente, una volta al mese, una saponetta e un barattolo di vasellina, che le Suore donano a questi tipo di malati. Il viaggio di ritorno verso Rakwaro è stato la fotocopia dell’andata e, distrutti nel fisico, al calar del sole, siamo giunti a casa all’ora di cena, ovvero alle 18,45. Dopo il pasto le suore ci hanno allietato con una canzone tipica africana di ringraziamento augurandoci un felice ritorno alle nostre famiglie ma soprattutto invitandoci a tornare operativi quanto prima possibile in Africa. Qui Kenya a Voi Italia.



Domenica 18 marzo
Ultimo giorno in Kenya. Dopo colazione ci siamo recati con le Suore alla messa domenicale presso la chiesa adiacente la missione. Cerimonia molto particolare ricca di tradizioni locali e folklore con canti etnici. La particolarità  che più ci ha colpito è stata il momento dell’offertorio allorquando ognuno dei presenti ha portato qualcosa all’altare: chi pochi soldi, chi uova, chi farina, chi mais e chi addirittura una gallina viva. Alla fine della messa, durata circa due ore e mezzo, il sacerdote celebrante ci ha invitato all’altare presentandoci alla comunità. Il dott. George ha pronunciato il discorso di rito tradotto simultaneamente da Sr. Rosaria in lingua Luo, promettendo di ritornare quanto prima per portare i nostri medici, i nostri volontari e i nostri aiuti umanitari a tutti loro. Dopo la messa abbiamo distribuito caramelle, penne e quanto ci era rimasto a tutti i bambini presenti che ci hanno letteralmente assalito. Stupore e incredulità nei loro occhi quando Elisabetta ha iniziato a fare le bolle di sapone. Incredibile la gioia dei bimbi nel vedere questa “magia” che per la prima volta si presentava loro. Per tutti noi è stata veramente un’impresa ardua staccarsi da così tanto affetto e festosità. Inutile dire che il nostro cuore è stato nuovamente colpito da tanta emozione! Incredibile che tutto questo sia avvenuto dopo solo tre giorni di permanenza! Pranzo veloce partenza per Kisumo dove alle 19 in punto abbiamo preso il primo volo di avvicinamento all’Italia. Adesso, alle 23 ora locale, ci troviamo a Nairobi ad aspettare il volo che domani mattina presto ci riporterà a casa. Come di consuetudine di seguito le impressioni dei missionari partecipanti…

Antonio: Qualche anno fa ebbi occasione di venire in Kenya. Rimasi incantato dalla sua natura, dal suo paesaggio, dai suoi colori tanto che ho da subito desiderato tornarci, per tutto quello che avevo visto in pochissimo tempo. Oggi non è più così. Allora vidi l’eleganza delle giraffe ma non ebbi l’occasione di vedere la grazia del popolo Luo. Vidi l’unione delle mandrie e branchi di antilopi, gnu, zebre le quali allorquando i predatori uccidono per cibo la madre di un cucciolo, gli altri del branco si occupano del piccolo rimasto orfano. Il cucciolo non si lascia solo. Non sapevo però che esisteva una realtà simile nelle tribù keniote. Se un bambino rimane orfano, e ne abbiamo visti tanti, questo viene accolto all’interno del clan che è la sua famiglia, la sua famiglia allargato. E lui non sarà mai solo. Avevo visto la forza poderosa degli elefanti… ma non avevo conosciuto la forza incredibile della fede che queste Suore missionarie hanno e trasmettono a tutti i poveri che li circondano. Avevo visto paesaggi luminosi, ma non avevo osservato da vicino gli occhi brillanti di questi bambini seminudi, denutriti, malati, ma che ugualmente gioiscono per una caramella o per una penna.  Per tutto questo parafrasando il titolo di un famoso film, questa e solo questa è LA MIA AFRICA. Soltanto adesso dopo aver vissuto questa seppur breve ma intensissima esperienza posso dire di essermi veramente preso il mal d’Africa e al mio ritorno lavorerò con tutta la forza possibile al fine di portare aiuto a questi bambini, a queste popolazioni. Ringrazio tutta la mia famiglia ma soprattutto mia moglie Michela che mi ha sostenuto incredibilmente prima e durante la missione spingendomi a partire nonostante sappia quanto per lei sia stato difficile farlo in questo momento. Ringrazio i miei meravigliosi compagni di missione che sono stati fantastici in ogni momento ed infine coloro che da casa ci seguono sempre con tanto affetto.

Cinzia: Malaria, febbre gialla, lebbra, aids questi sono gli aspetti negativi dell’Africa ma, per fortuna, insieme a tutto questo c’è un popolo fatto di tradizioni, di sorrisi, di ospitalità, di cultura, di grandi occhi neri e poi c’è il territorio con i suoi molteplici paesaggi, i tramonti e i suoni della natura. Sono sicura che l’ Africa è ancora molto di più e vale la pena di scoprirlo. ANCHE IL SOGNO AFRICA SI STA REALIZZANDO.

Elisabetta
: AFRICA… per H.H.P.P. il quarto continente toccato, un altro luogo dove portare i nostri aiuti, quindi sicuramente un’esperienza importante… E per Elisabetta? Beh, per Elisabetta è stato qualcosa di speciale, più che speciale perché questo breve viaggio è stato l’inizio del realizzarsi di un sogno di bambina: la missione in Africa. Questi tre giorni sono stati molto intensi, ma troppo veloci…è stato difficile “passare e non fermarsi”…non fermarsi a giocare con i bambini, a parlare con le persone, ad ammirare i panorami che ti rapiscono il cuore anche solo a osservarli per un istante, ad ascoltare incantati i racconti delle nostre suore che sono in Africa da più di trenta anni e che hanno una saggezza indescrivibile…sì, è stato bello ma troppo breve. Mi sono chiesta se sia suggestione perché tutti parlano del Mal d’Africa e dicono che questa terra rimane nel cuore, ma effettivamente qui tutto ha un fascino particolare ed è stata dura non poter assaporare di più e più profondamente questi posti meravigliosi e queste “tribù” così affascinanti. Ho letto su un libro che ogni “viaggio”, di qualsiasi tipo e pur breve o lungo che sia, comincia con un piccolo passo…spero che questo sia il primo piccolo passo… Grazie a tutti.

Dr George
: Anche il Dr George è giunto suo malgrado al termine di questa ennesima avventura umanitaria targata H.H.P.P. Onlus e con il cuore pieno di emozioni cerca di mettere in ordine le innumerevoli sensazioni che hanno invaso il suo cuore in questi pochi giorni di soggiorno in terra africana. Il Kenya ha tracciato un segno indelebile dentro di me, per la bellezza della natura e per gli abitanti. La natura lussureggiante delle colline nei dintorni di Rakwaro e la pianura a perdita d’occhio nella zona di Kisumu. Che dire poi dei suoi abitanti? Sono come un fiume in piena che invade le strade , tanto grande è la moltitudine che a tutte le  ore percorre ogni strada, ogni sentiero  e camminano, camminano, camminano inventandosi migliaia di minuscole attività commerciali per sbarcare il lunario. E la vita per loro è veramente difficile dal momento che la trascorrono vivendo ancora in capanne fatte di paglia e fango, con la nuda terra come pavimento, senza luce, acqua… senza niente! Ed i loro bambini che in numero incredibile sono balzati quotidianamente ai miei occhi ed hanno riempito il mio cuore di una tenerezza estrema. Tre sono le immagini che sicuramente porterò strette dentro di me per sempre, e che rivivrò in silenzio nei momenti non troppo allegri: la totale abnegazione per questi poveri da parte di Sr Rosaria e di tutte le Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea che in 30 anni di apostolato hanno aiutato e stanno aiutando fattivamente e con grande amore questi disgraziati; la gioia provata nel dare da mangiare ad un piccolo ospite della Baby Home di Macalder che con un sorriso affettuoso ha accettato che questo viso pallido lo aiutasse a consumare il proprio pasto; lo sconvolgimento più completo nell’incontro con i lebbrosi di Kadem che, con le loro amputazioni ed una incredibile serenità nei loro occhi, mi hanno ricordato quanto bella sia la vita e come i piccoli acciacchi e le contrarietà quotidiane della nostra comoda esistenza di occidentali, siano una benedizione del cielo. Grazie dal profondo del mio cuore a tutti coloro che credono in H.H.P.P. e ci sostengono in questa nostra opera, ai  miei favolosi compagni di viaggio e di avventura, insostituibili amici e rifugio sicuro nei momenti più difficili; grazie alla mia cara Beatrice che mi sostiene e “ mi sopporta” con amore in questa mia avventura umanitaria. Grazie a tutti voi che leggete questo diario, scritto col cuore da tutti noi e scaturito dal più profondo del cuore da chi, grazie al vostro aiuto e al vostro sostegno, sta realizzando nei 4 continenti il nostro comune SOGNO UMANITARIO DALLA VALDINIEVOLE NEL MONDO. Ed anche per stasera: qui Kenya a voi Italia !