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Obiettivi:
Attività sanitaria che si realizzerà attraverso lo svolgimento delle visite mediche e la somministrazione gratutita di medicinali all'interno delle scuole Casa Belem di Salvador de Bahia e Escolina Sao Francisco di Candeias, verifica ed aggiornamento delle schede dei bambini per il progetto Jeevan di adozione a distanza, distribuzione di beni di prima necessità.
Partecipanti:
Medici: Dr. Giorgio Martini – medicina generale. Dott.ssa Triulzi Silvia - ginecologa. Dott.ssa Loredana Marrapodi e Dr. Roberto Ronchetti – pediatri.
Infermiera Professionista: Laura Baracchi
Volontari: Gloria Conti, Linda Pucci, Sergio Rastelli
Date di svolgimento:
dal 18 al 30 maggio 2008
29 Maggio 2008
Le turbine dei reattori del Jumbo della Tap Air Portugal stavano già facendo un rumore assordante sulla pista dell’aeroporto di Salvador de Bahia quando nel cuore degli 8 volontari della missione umanitaria di H.H.P.P. in Brasile presenti a bordo, i ricordi delle ultime ore vissute nella terra carioca stimolavano un uragano di emozioni. Alla mattina, dopo la preparazione della valigie per il ritorno in Italia, c’è stato il festante e supercommovente saluto di tutti i bambini di Escola Casa Belem i quali con canti, balli ed i più vari recitativi hanno scritto nel nostro cuore tutto l’amore che sapevano dimostrare per la nostra presenza fra loro. Al termine delle varie esibizioni tutti i bambini, uno per uno, hanno salutato tutti noi 8 volontari, uno per uno, con abbracci bahiani, baci e tanti tanti sorrisi, a noi apparsi supersinceri, per chi per almeno qualche giorno ha regalato loro un momento di gioia e di serenità ( oltre che qualche amara medicina !). Pranzo di commiato con le Suore, i funzionari della Scuola, le ragazze della casa di formazione, foto di gruppo, lacrime per tutti e … via verso la strada che ci riporterà in Italia dai nostri cari. Il viaggio è stato pieno di imprevisti ma, come Dio ha voluto, dopo circa 18 ore di viaggio e 30 ore circa da quando ci eravamo svegliati a Salvador, siamo arrivati in Italia. Subito alla partenza, invece di andare direttamente a Lisbona da Salvador, abbiamo fatto una tappa intermedia a Recife, dove siamo anche stati costretti a sbarcare per permettere di fare il pieno all’aeromobile. Alla successiva tappa intermedia di Lisbona, saluto con la Dr.ssa Silvia che partiva con la coincidenza per Milano, col Prof Roberto che faceva altrettanto ma per Roma, e noi 6 missionari rimasti che abbiamo avuto l’amara sorpresa di sentirci dire che il volo diretto per Bologna era stato CANCELLATO. Momento di sincero panico, soprattutto per il Dr George che si ricordava un analogo episodio in India che aveva fatto ritardare il ritorno a casa di ben 2 giorni e mezzo, ma poi, avendoci spiegato la funzionaria aeroportuale di Lisbona che il problema riguardava uno sciopero, nella nostra bella e amata patria, dei controllori di volo di Bologna, siamo partiti con un altro aereo sempre destinazione Bologna ma via ZAGABRIA ! Perplessità di tutti noi per quello che sarebbe potuto succedere alle ben 10 valigie imbarcate al nostro seguito, ma, visto che di meglio era impossibile fare, dopo varie ore di attesa, partenza per Zagabria. Qui sosta di circa 1 ora, questa volta fortunatamente senza dover scendere dall’aereo, e partenza per Bologna. Qui all’arrivo, complice sicuramente la stanchezza per tante ore di viaggio accumulate, il Dr George ha rischiato di essere prima linciato dagli altri passeggeri e poi arrestato dalla polizia dell’aeroporto, perché per errore aveva preso dai bagagli amano nell’aereo il computer di un passeggero forse americano, essendo identiche le due valigette. Il malcapitato cercava la sua valigetta, l’addetta dell’aeroporto aveva fermato l’autobus che doveva portaci alla scalo arrivi per chiarire la faccenda, i passeggeri rumoreggiavano per il ritardo, e, quando è venuta fuori la verità, il Dr George non ha potuto fare altro che, chiarendo col proprietario del computer l’uguaglianza delle due valigette, chiedere scusa a tutti per l’involontario incidente ed cercare di avviarsi insieme a tutti verso lo sbarco. Cercare di partire, perché il responsabile portoghese dell’aereo ha voluto prima di dare il via per la sbarco a Bologna, controllare minuziosamente il passaporto del malcapitato responsabile dell’accaduto. Conclusosi finalmente l’inconveniente, via al ritiro bagagli. Tutto poteva andare liscio ? Certo che no, visto che una delle dieci valigie per sbaglio era stata scesa a Zagabria e lì era rimasta. Perdita ancora di circa 40 minuti per la denuncia e tutte le pratiche del caso per la successiva riconsegna a casa e poi finalmente verso l’uscita dell’aeroporto Gugliemo Marconi. Qui era ad aspettarci, ormai da circa 2 ore, l’amico Maurizio Vannelli, che con un minubus da nove posti, ha caricato noi 6 viaggiatori più tutti i nostri bagagli. E tutto poteva andare liscio ? No, perché sull’autostrada del sole, fino a Firenze, abbiano trovato un traffico incredibile (siamo stati fermi anche per 35 minuti in fila sull’autostrada) e, finalmente , dopo circa 3 ore di viaggio, siamo arrivati sani e salvi, con la sola mancanza di 1 valigia, a Montecatini, dove il nostro arrivo è stato salutato dai baci e gli abbracci dei nostri cari.
Vero è che il ritorno non è stato dei più semplici, ma per i nostri cuori così stracolmi di ottimi sentimenti dopo questa entusiasmante esperienza tutto è apparso comunque non eccessivamente negativo. Giunti a questo momento della missione, ecco qui di seguito, messe nero su bianco, alcune considerazioni che i protagonisti più sensibili hanno sentito la necessità di scrivere.
GLORIA: L’esperienza di questa missione è stata una delle più emozionanti della mia vita. Sono stati sicuramente i 12 giorni in cui mi sono sentita più utile e soddisfatta; sono stati impegnativi, ma la fatica,sinceramente, inizio a sentirla solo adesso. Proprio perché in Missione ti rendi conto che cosa può voler dire star male, e anche dire un semplice “sono stanco”, proprio è inadeguato. Appena arrivi ti senti spaesato: il paesaggio nuovo e così diverso dal nostro a tratti può affascinare e ………: colori e odori diversi, persone diverse, realtà diverse. Una grande città, Salvador, piena di contraddizioni: paesaggi da cartolina, grattacieli con teleschermi digitali e spiagge bellissime, se ci si sofferma ad una visione superficiale, ma dietro l’angolo, ignorate dai ricchi, non si possono non scorgere che baracche, le favelas. E queste contraddizioni si riflettono nella maggior parte dei brasiliani che abbiamo incontrato. Pochi sono quelli sinceramente contenti del nostro aiuto o che hanno apprezzato davvero il nostro impegno: le Suore, qualche adulto molto bisognoso e naturalmente … i bambini ! Per gli altri, sembrava tutto dovuto, ed è questa la cosa che mi è dispiaciuta di più. E questo atteggiamento ho provato a giustificarlo in 2 modi: 1) alcuni, in realtà non troppo malati, indigenti, venivano solo per cercare di fare scorta di medicine e regali, approfittando degli “sciocchi europei”; 2) gli altri, la maggioranza, davvero bisognosi, ma maldisposti ad accettare quella che considerano la “carità” altrui. E questo proprio a causa delle differenze sociali esistenti, con i ricchi sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, e nella sfiducia che per questo nutrono nell’aiuto del prossimo, consapevoli che tanto dopo 12 giorni la loro vita resterà quella di sempre. Ed è questa la sensazione che più mi ha impensierito in questi giorni: mi sembrava di levare acqua con un catino, anziché costruire una diga. A parte questo però questi giorni mi hanno arricchito e riempito il cuore. Grazie anche alle nostre Suorine così dolci e disponibili, e alla compagnia dei volontari, tutte persone che mi hanno insegnato qualcosa. Questa esperienza la porterò nel cuore fino . . . alla prossima !
LAURA & SERGIO: Alla nostra seconda esperienza di missione umanitaria, la prima 2 anni fa in India a Thullur, eravamo pronti a trovarci di fronte a tanta povertà. Invece Salvador si è presentata come una moneta con due facce diverse: la 1° con tanta gente benestante, ben vestita, pulita, che baita in case eleganti, la 2° di gente mal vestita, che vive in case che spesso non sono che baracche e questo a poche decine di metri le une dalle altre. Famiglie poverissime, mamme fanciulle abbandonate dal loro uomo, con tanti bambini bellissimi di tutti i colori, neri, mulatti, bianchi, che fanno una immensa tenerezza; se gli offri un giocattolo, una caramella, sempre ti dicono “ obrigato ”. Questo continuo grazie ti da una carica incredibile che ti sprona a continuare. Ed è ciò che noi faremo !
LINDA: Grazie a George per avermi permesso di partecipare alla missione (perfetto capo); grazie allo staff, compagni professionali, simpatici. Grazie alle Suore che in poco tempo mi hanno capito,domato,amato. In questo momento della mia vita avevo bisogno di donare per avere solo affetto. Ho imparato molto, cercando di fare ciò che so. Ho ricevuto il massimo. Bambini meravigliosi, che parlano con gli occhi, i baci e gli abbracci stretti stretti. Difficile non vedere e dimenticare la gente che soffre e vive con niente. Ciò deve aiutare nella vista futura. Spero di aver lasciato un po’ di amore nei loro cuori come loro hanno fatto con me. Ringrazio nostro Signore, molto generoso con me, per avermi dato la possibilità di conoscervi ed amarvi. Vorrei adottare a distanza Lucas. Spero sia possibile così avrò l’occasione per tornare a Candeias.
LOREDANA: Oggi si parte ed io mi affaccio alla finestra della nostra stanza a guardare per l’ultima volta il paesaggio: voglio incamerare il ricordo. C’è l’albero davanti a Casa Belem che sta per fiorire di rosso, ci sono i grattaceli lontanissimi da questo quartiere e le casupole variopinte, sporche, fatiscenti della favela di Amaralina, dove abbiamo vissuto per quasi 2 settimane ospitate dalle Suore Francescane. Improvvisamente le immagini si rincorrono l’una dietro l’altra e rivedo Pedro, bambino di circa 8 anni che vive a Boca de Logo s di uno sfondo di palme, alberi di banane, alberi di mango. Pedro vive con la sua famiglia, il suo cucciolo di poche settimane, la sua sorellina Anna insieme a tutta la sua famiglia in una capanna di una sola stanza, ma sembra felice. Pedro è uno dei bambini adottai a distanza dall’associazione. E subito dopo la mente va ad altro bambino, il nino de rua; più a meno la stessa età, che vive di espedienti al Pelorinho e tenta di truffare i turisti. Ci ha chiesto soldi per comprare il il latte per sé e quando stavamo per farlo, ci siamo resi conto che era un personaggio noto al Pelorinho. Il farmacista, il poliziotto, ci hanno messo in guardia: non comprategli nulla, non vuole il latte. Vuole solo barattarlo con della droga. Ecco allora, forse anche solo per questo, la missione ha uno scopo: se si riesce a salvare anche un solo bambino, il nostro viaggio ha avuto uno scopo. Se uno solo di questi bambini riesce a sentire che non è abbandonato, l’Associazione ha il suo senso.
SILVIA: Missione finita. Stiamo tornando a casa e tiriamo le somme di questa esperienza che ci ha portati in una realtà così lontana dalla nostra. Abbiamo conosciuto tanta gente; chi dà il dono di sé per gli altri e chi questo dono se lo prende senza ringraziare. E’ in mezzo ad un universo così variegato nel quale ci siamo trovati senza aver chiaro il percorso da seguire con così tante difficoltà. In un paese che sta cambiando bisogna sperare che i miglioramenti proseguano soprattutto per tutti quei bambini che ci hanno rallegrati in questi giorni; ma come abbiamo sentito, ci vuole coraggio per questa speranza. Chissà che anche noi in qualche modo possiamo aver contribuito sia al coraggio che alla speranza!
DR GEORGE: Anche questa volta, dopo l’ennesima missione sanitaria che mi ha visto partecipante attivo, non posso che tornare a casa con un turbinio di sentimenti nel mio cuore. Il primo è sicuramente quello stampato nei volti delle persone che ho rincontrato e che, con il loro sorriso e i loro abbracci, mi hanno manifestato la gioia e la gratitudine di rivedere ancora una volta noi di H.H.P.P. tornati fra loro per aiutarli. Gli occhioni dei bambini durante le visite e nelle loro misere case nelle favelas mi hanno stimolato ancora di più, sempre ce ne fosse necessità, nella mia volontà di andare sempre avanti con la realizzazione del Sogno Umanitario dalla Valdinievole nel Mondo. E la cosa sempre più fantastica che tutte le volte mi prende completamente è rendermi conto di come il sogno si stia avverando ogni volta che l’Associazione realizza una sua missione: sarebbe sufficiente l’aver toccato con mano il risultato positivo delle medicazioni di quelle gravi ulcere cutanee che si sono presentate alla nostra osservazione fra tutte le numerose visite effettuate, l’aver letto negli sguardi degli interessati la felicità per stare finalmente un po’ meglio da quel malanno che li affliggeva da molto tempo, per superare tutti gli ostacoli che sempre si frappongono fra il dire e il fare, fra l’organizzare ed il realizzare, fra la condivisione necessaria per effettuare queste attività e le difficoltà di amalgamare personalità molto diverse fra loro. Che dire poi della gioia di aver trovato tutti i nostri bambini adottati a distanza in condizioni sicuramente migliori di come li avevamo lasciati lo scorso anno; avere rivisto il piccolo Andrei che, anche grazie all’aiuto dell’adozione a distanza e le cure che le Suore gli somministrano regolarmente, non ha più sofferto di quelle gravissime forme di asma bronchiale che ci avevano fatto preoccupare molto per la sua salute solo 2 anni orsono. Tutti i volontari della missione hanno dato tutto se stessi perché tutto questo si realizzasse nel modo più completo, e per questo li voglio pubblicamente ringraziare dal più profondo del mio cuore. Vedere nei lori occhi l’espressione della compartecipazione alle sofferenze di queste persone e gioire per il risultato di quelle piccole opere che abbiamo fatto per loro, non può che stimolare ancora una volta la mia voglia di dir loro un grazie immenso, anzi un OBRIGATO grande come l’Oceano di Salvador ! Grazie a tutti volontari che in Italia hanno lavorato duramente per l’organizzazione e la realizzazione della missione, a tutti coloro che in qualche modo ci sono stati vicini e hanno permesso che anche questa volta H.H.P.P. potesse aiutare tanti derelitti. Grazie alla mia cara Beatrice, senza l’entusiasmo della quale sicuramente non potrei fare tutto quello che riesco a mettere in campo di attività umanitaria. Ma grazie soprattutto a tutti coloro che in terra Brasiliana si sono messi a nostra disposizione quotidianamente affinché potessimo svolgere al meglio il nostro compito: prime fra tutte le nostre Suore Francescane che costantemente ci hanno supportato in ogni senso e poi a tutti i brasiliani di buona volontà i quali, sicuramente apprezzando la nostra buona volontà, ci hanno aiutato a superare quei momenti di difficoltà tecnica ed organizzativa che purtroppo si presentano ogni giorno. Come sempre torno a casa più ricco di umanità di quando sono partito, e questa ricchezza che si accumula ogni volta che partecipo ad una missione umanitaria, sarà sempre messa a disposizione di tutte quelle persone povere e bisognose che attraverso H.H.P.P., con l’aiuto di tutti gli insostituibili volontari , sicuramente negli anni a venire riusciremo ad aiutare.
IL SOGNO UMANITARIO ASPETTA TUTTI NOI PER DIVENTARE REALTA’!