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11° in India-Gen 2009

Obiettivi:
Verifica ed aggiornamento delle schede dei bambini dei sette orfanotrofi che HHPP Onlus sostiene tramite le famiglie italiane grazie al progetto Jeevan di adozione  a distanza - Attività sanitaria che si svolgerà in collaborazione con un medico indiano che ci accompagnerà negli orfanotrofi per visitare e curare tutti i bambini. - Distribuzione di beni di prima necessità 

Partecipanti:
Volontari:  Rita Fantozzi - Elisabetta Sarti - Paolo Trinci - Jonathan Vazzano

Periodo:
dal 25 gennaio al 2 febbraio 2009

DIARIO GIORNALIERO

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GIORNI: 1º giorno - 2º giorno - 3º giorno - 4º giorno - 5º giorno - 6º giorno - 7º giorno - 8º giorno


1 febbraio 2009
Come previsto stamani le nostre sveglie sono suonate alle 5:30 … un po’ assonnati abbiamo partecipato alla Santa Messa che si è svolta nella cappella all’interno dell’Assisi Baby Sadan, dopodiché abbiamo fatto una colazione veloce e ci siamo incamminati con i bambini verso la scuola, punto di incontro con il bus che doveva portarci in gita. Con un leggero ritardo siamo finalmente partiti. I bambini sono stra-felici; con i loro completini sgargianti e le ciabattine (la prima volta che li vediamo con qualcosa ai piedi!!!) stanno tutti affacciati ai finestrini con i loro grandi occhi curiosi intenti a carpire qualsiasi cosa si presenti lungo il nostro cammino: prima di tutto il paesaggio del Kerala ricco di una vegetazione rigogliosa e varia che ci hanno illustrato con un inglese un po’ malaianizzato al quale ormai abbiamo fatto l’orecchio, ma soprattutto i bambini si sono entusiasmati nell’incontrare un elefante, nel vedere nel cielo tanti aerei, così come il passaggio a livello…il tutto ovviamente è avvenuto fra una canzone e l’altra cantata a squarciagola. Così allegramente siamo giunti a destinazione alle ore 12.00: il parco di divertimenti Veega Land vicino a Cochin. Inizialmente i bambini erano contenti ma anche un po’ stralunati; salivano sulla barca del pirata o sul bruco mela e ridevano ma non ancora così tanto come quando hanno poi preso dimestichezza con l’ambiente e hanno cominciato a scorrazzare da una parte all’altra del parco. A tenerli sott’occhio eravamo in 20, fra le suore e le  ragazze che aiutano queste ultime all’Assisi Baby Sadan. Effettivamente noi quattro volontari eravamo più di contorno che di controllo vero e proprio: le suore e le ragazze sono esperte nel badare ai bambini, mentre noi ormai con loro abbiamo una confidenza tale che praticamente siamo quasi come loro coetanei; dimostrazione di ciò è stato Jonathan che, senza esitazione, si è buttato completamente vestito nei water game insieme ai più grandi! Rita, Paolo ed Elisabetta invece saltavano da un gruppetto all’altro nei giochi più svariati. Ad ogni modo se di solito noi usiamo l’espressione “essere al settimo cielo” loro erano sicuramente almeno al 12°! Regalo più bello non potevamo farglielo, soprattutto regalo più unico. Il tempo è volato, come sempre accade in queste giornate così intense ed è arrivato anche il momento di riprendere il pullman che ha accompagnato Jonathan ed Elisabetta all’Abad Airport Hotel di Cochin dove questi ultimi pernotteranno qualche ora prima di prendere alle 5.00 il volo della Quatar Airways…ebbene sì, il momento del rientro in Italia per loro è arrivato (Rita e Paolo invece si trattengono ancora qualche giorno in India). Dopo i saluti struggenti prima con i bambini,  poi con le ragazze dell’orfanotrofio, le suore e i nostri compagni di missione ci avviamo con gli occhi lucidi nella nostra cameretta.
Il bilancio di questa missione che aveva per obiettivo la verifica e l’aggiornamento dei dati dei bambini adottati a distanza è positivo: in questi giorni abbiamo visitato i sette istituti dove sono ospitati 300 bambini, gran parte dei quali già adottati dalle famiglie italiane; ad ognuno di loro sono state scattate le foto da inviare ai “genitori adottivi”, insieme ai loro dati aggiornati. Ma soprattutto, dalle visite che ha effettuato in questi giorni Sr Lissy, è risultata un’ottima situazione sanitaria per questi bambini. Questo vuol dire che i bambini sono ben seguiti dalle suore e ci conferma quanto importante sia per loro il Progetto Jeevan, perché, come sempre amiamo sottolineare, è un aiuto continuativo per il bambino, con cui può permettersi di andare a scuola, di nutrirsi e di curarsi il tutto “regolarmente”. Importante è stato anche il poter raccogliere un possibile nuovo progetto da proporre ai nostri sostenitori: l’ampliamento dell’orfanotrofio Bethlehem Balabhavan. A questo punto, come di consueto, di seguito riportiamo le impressioni dei quattro volontari in missione.

La prima impressione che ho avuto è stata di stupore, poiché quando avevamo varcato la soglia dell’orfanotrofio, Assisi Baby Sadan, i bambini non avevano esitato a buttarsi subito incollo, poi chi ti tirava da una parte e chi dall’altra e chi ti faceva fare un tour completo della struttura. Non pensavo che dei bambini che nemmeno conosci ti possano dare tanto affetto, calore ed emozionarti al momento della partenza. È stata un’esperienza più che positiva, di “arricchimento” morale e di riflessioni, durante questo “mondo” per me nuovo, mi sono fatto molte domande del genere: “chissà se quei bambini “sfortunati” in passato mai potranno essere fortunati in futuro… oppure chissà se nella loro vita potranno vedere il mare oppure prendere un aereo per fare una girata”. Mentre ci si spostava con la nostra Jeep tra un orfanotrofio e l’altro, ero rimasto colpito dalla spettacolare vegetazione verde, ovviamente con il tramonto veniva messa in risalto e quindi apprezzata di più! Gli abitanti del luogo si erano dimostrati da subito molto amichevoli e gentili. Tra qualche risata in qua e là con i bambini, Elisabetta, Paolo e con Rita, abbiamo svolto un’eccellente lavoro! Ormai è passata una settimana dal giorno in cui siamo partiti e sono volati in un attimo. La parte più difficile da affrontare è stata ieri sera, quando i bambini ti dicevano: “ no no, non partire, resta qui!” oppure quando ti vedevano giù di morale ti facevano il solletico, oppure dicevano cose divertenti per farti sentire un po’ meglio. JONATHAN

Credevo che il mio impatto con l’India fosse più “hard”, più difficoltoso, la credenza europea rispetto a questo sub continente è impropria e suggestionante. Qui i problemi sono tangibili, i disagi rugano il viso della gente, ma, dopo aver varcato la soglia dell’Assisi ed aver subito ottanta frecciate dagli occhi dei bimbi che liberano dardi infuocati dal fondo del loro color carbone. Dopo, dicevo, sembra di aver raggiunto l’oasi quella più recondita: al centro del Sahara. Da qui la riflessione che occorrono agganci o ganci (come direbbe la Carrà) di soggetti locali, preparati, introdotti: il ritratto di Sr.Elisabetta. Poi gli altri orfanotrofi. Come passare dallo Sheraton ad un ostello, si, dove ci sono le suore, un filo conduttore univoco resta, ma l’armonia degrada fino all’ambiente privato: la casa maschile voluta da quel generoso signore; i sorrisi sono meno aperti, gli sguardi meno limpidi, i gesti di slancio nei nostri confronti più composti. Si affaccia la tristezza per realtà fino a ieri sconosciute, oserei dire inesistenti. Allora questo Paese ti imbarazza per i suoi sorrisi ingiustificati. La nostra missione ha creato tanta serenità, in primis dentro di noi e parlo a nome di tutti e 4, ma di certo ha toccato la più parte dei bambini/ragazzi incontrati. La spensieratezza almeno per mezza giornata è arrivata dalle nostre visite, 4 musi bianchi, usciti da dove? Ma come Babbo Natale, li per un solo scopo: alleggerire gli animi. Personalmente credo che una settimana all’anno non sia niente, ma questo minimo contributo, diverso da zero, è quindi un valore: io sono certo che ieri (1 febbraio 2009) per i ragazzi dell’Assisi resterà memorabile nella testolina di Lalu, Balu,… di sicuro non la data, visto che i più piccini non conoscono neanche quella della loro nascita, ma la giornata di sole al parco, sì quella la ricorderanno, sono certo e felice di ciò. Fra 80 anni Balu seduto davanti ad un tramonto fra le palme farà un sorriso pensando a quei 4 musi bianchi che non ci saranno più. Questo mi è più che sufficiente. Grazie a voi dell’H.H.P.P. PAOLO

Questa missione, la mia prima missione spero di una lunga serie, ha avuto un effetto benefico sul mio stato d’animo e mi ha riconciliato con il “mondo” delle suore. Da bambina ho passato la mia prima infanzia con le Sorelle dell’asilo con le quali ho sempre avuto un buon rapporto, ma che interiormente mi hanno lasciato l’idea che siano incomplete, mi sembrano maestre come le altre. Con il passare dei giorni in missione ho conosciuto le “vere” suore, donne che affrontano le difficoltà di questo Paese che ne ha da esportare. Quello che mi meraviglia è che tutte queste lacrime passino loro addosso senza bagnarle, il loro buon umore e la loro voglia di vivere sono sempre ai massimi livelli. Sr. Elisabetta ci spiegava la ferrea regola che ogni tre anni vengono o possono essere trasferite, il suo legame con le strutture è così forte che non vorrebbe mai andarsene, ma, se così fosse, ci ha confidato che vorrebbe andare in una casa per gli anziani. In quel momento io ho sentito di nuovo vibrare l’emozione come quando 3 giorni fa abbiamo visitato per pochi minuti gli anziani riuniti qui a Kanjirapally. Io avevo pensato, dentro di me, che seguire i bambini renda un ritorno di soddisfazione interiore e spesso anche di tangibile riscontro positivo; con gli anziani no, puzzano, sono malati e la massima aspirazione sarà quella di vederli morire senza soffrire. Oggi sentendo le parole di Sr. Elisabetta che ribadivano questo concetto ho capito che amare il prossimo implica non fare distinzioni. Per assurdo dovresti salvare il tuo peggior nemico. In effetti il concetto teorico è molto chiaro, ma la Madre che lo pratica ogni giorno ha consolidato in me l’idea di quanto sia difficile. Questi sono i valori che mi aspetto dal clero e che qui ho trovato. Mi rendo conto che i giovani sono il futuro il campo arato dal quale, seminando, domani mieteremo almeno un fascio di sollievo. Alla fine di questa missione riempio la mia valigia di tante soddisfazioni: ne è piena, peccato avrei voluto che rimanesse spazio per portare con me tutti i bambini che ho incontrato. Me li porto nel cuore! Grazie.Un ringraziamento particolare ad Elisabetta che oltre ad essere stata compagna di viaggio eccezionale si è dimostrata veramente superlativa con i bambini. RITA

Pensavo di sapere prima di partire quello che avrei provato nel tornare ancora in Kerala … eppure c’è sempre qualcosa che mi stupisce. Ogni volta credo di ricordarmi l’emozione che provo quando due grandi occhi di bambino mi sorridono all’improvviso, quando le suore responsabili degli istituti ci dimostrano tutta la loro riconoscenza pur sapendo dentro di me che sono loro le vere fautrici del cambiamento. Ogni anno vedo i bambini cresciuti e sereni e so che è grazie a chi gestisce le cose sul posto se questi bambini sono così “fortunati” … perché quando si vive in un orfanotrofio c’è sicuramente qualcuno che si prenderà cura di te, che darà spazio a tutto ciò di cui hai bisogno. Ebbene questo accade … in una missione dedicata esclusivamente all’adozione a distanza si tocca con mano questa cosa; certo mai dimenticare dove siamo. Rischio di essere ripetitiva, ma qui è proprio netta l’immagine: gli orfanotrofi sono delle oasi dove intorno c’è il deserto … ma se in queste oasi 300 bambini hanno la possibilità di vivere una vita “vera” allora non sarà vano ogni sforzo compiuto perché queste oasi rimangano tali. H.H.P.P. Onlus qui in Kerala lavora per questo insieme alle famiglie italiane che ogni mese danno il loro contributo perché tutto ciò continui a realizzarsi … è una catena dove ogni anello è fondamentale! Torno da questa missione soddisfatta dal lato pratico per quanto realizzato, per aver avuto ancora una volta la dimostrazione dell’importanza di questo progetto jeevan; e a livello personale, come ogni volta, torno ricca di quell’amore e di quella purezza nei sentimenti che solo con il contatto senza filtri con persone semplici si possono provare. Grazie a Jonny, Rita e Paolo con tutto il cuore, persone stupende, con cui non è stato difficile condividere momenti speciali, con cui l’allegria, la voglia di partecipare e la sincerità hanno sempre fatto da cornice alle nostre giornate.Grazie a tutti quelli che ci sono stati vicino “ufficialmente” (Valentina che mi ha aiutato prima della partenza a preparare tutto il materiale da portare via, Natasha che ogni giorno ha trascritto con pazienza il nostro diario inviato per fax perché il collegamento e-mail era fuori uso, Mariano che ha inserito il diario sul sito perché voi tutti poteste partecipare con noi alla missione. Antonio e Michela e Giorgio e Beatrice che ci hanno sostenuto moralmente e professionalmente ogni giorno. Tutti i nostri cari.) e a tutti quelli che hanno seguito il nostro lavoro e che credono come noi nel nostro grande sogno umanitario. ELISABETTA


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